Un recente studio realizzato dall’accademia online ABA English tra oltre 3.200 alunni in diversi paesi, tra cui 800 italiani, rivela che per il 90% degli italiani il livello d’inglese richiesto al lavoro è più alto rispetto a qualche anno fa: 1 italiano su 4 ha sostenuto un test di inglese per ottenere lavoro.
L’inglese continua ad essere la lingua più richiesta dalle aziende, secondo l’83% degli intervistati.
Che si tratti di ottenere una promozione interna oppure di un nuovo lavoro, poco importa, l’inglese gioca sempre più spesso un ruolo decisivo durante i colloqui di lavoro e rappresenta un valore aggiunto nel mondo del lavoro italiano dove buona parte dell’economia si base sull’export.
Secondo la ricerca, nel 2016, il 61% degli italiani usa l’inglese sul posto di lavoro, a differenza di quanto si possa pensare, però solo una minima parte degli intervistati lo parla con regolarità (13% spesso, 7% quotidianamente), mentre per il 41% si tratta ancora di un uso sporadico. Addirittura, in tempi di globalizzazione, ben il 39% degli intervistati ha dichiarato che non ha bisogno di usare questa lingua straniera sul posto di lavoro.
C’è da chiedersi se lo scarso utilizzo dell’inglese non sia dovuto a una mancata conoscenza della lingua. Infatti, sono gli stessi intervistati a dichiarare che le aziende sono sempre più esigenti in quanto a conoscenza della lingua perché vedono nell’inglese un fattore fondamentale per ampliare il numero di clienti e battere i concorrenti in un mercato sempre più competitivo e globalizzato. Così, il 90% degli italiani ammette che sul posto di lavoro gli viene richiesto un livello di inglese più alto rispetto al passato. Ben il 59% dichiara di dedicare almeno 2 ore o più alla settimana allo studio della lingua, contro il 41% di studenti che vi dedica meno di due ore settimanali.
Innovazione e Formazione delle Imprese.
Due dati di ciò che accade a casa nostra.
Secondo un’indagine condotta dalla CNA di Ascoli Piceno sull’innovazione delle imprese (marzo 2016) si evince che il 93% la ritiene indispensabile, ma solo il 5% riesce a metterla in pratica con politiche aziendali e investimenti mirati “VOGLIA DI NUOVI MERCATI MA CON POCA PROGRAMMAZIONE E ANCORA MINORE UTILIZZO DI LINGUE DIVERSE DALL’ITALIANO”. L’11% degli imprenditori monitorati dalla Cna Picena ha dichiarato che l’innovazione tecnologica e telematica è stata avviata per migliorare la promozione commerciale. Il 13% lo ha fatto, invece, per incrementare l’export. Fra coloro che puntano sul web per internazionalizzare, però, ben il 59% non ha strumenti telematici che gli permettano di monitorare gli utenti stranieri, usando in primis la lingua madre di quella nazione.
Traduzioni, quindi, altro capitolo di forte limite per le piccole imprese del Piceno. Solo il 43% dei siti aziendali attivi sono tradotti anche in inglese, percentuale che sale al 55% se si considerano anche le altre principali lingue parlate nell’Europa comunitaria. Solo il 18% dei siti aziendali di chi dichiara di aspirare a una maggiore penetrazione dei propri prodotti all’estero presenta però traduzioni in lingue parlate nei cosiddetti nuovi mercati emergenti: da quello arabo al cinese, dal russo all’indiano. Questi stessi dati ci dicono, ad esempio, che oltre il 50% delle imprese che si sono messe in rete hanno avuto incrementi di fatturato. E comunque benefici nella loro organizzazione aziendale.
E si investe ancora poco in Innovazione e Formazione.
L’onda lunga della crisi di questi ultimi anni, pur avendo radicato anche nelle piccole imprese del territorio Piceno la consapevolezza che l’innovazione e i nuovi mercati siano fondamentali per crescere o addirittura anche solo per sopravvivere, ha determinato un calo degli investimenti. In 10 anni le medie e piccole imprese del Piceno sono state costrette a ridurre del 61% gli investimenti per l’innovazione e del 19% per la formazione del titolare dell’azienda o dei dipendenti (Fonte CNA Ascoli Piceno).